Svimez, il Sud abbandonato nella crisi

La Confindustria e l’istituto lanciano l’allarme. Con la crisi il Meridione è tornato indietro di almeno 10 anni. Intanto, continua ad aumentare il numero dei giovani, spesso laureati, che emigrano verso le altre regioni italiane o all’estero

Articolo_CM_Libona_PIL_formazione.jpgIn questi ultimi anni, il Meridione sta paurosamente arrancando e perdendo colpi. L’economia langue, i servizi sociali continuano ad essere largamente insufficienti ed il gap strutturale con la parte più avanzata ed attiva del nostro paese continua ad allargarsi. Cresce poi nuovamente il numero di quanti non trovando un lavoro, emigrano verso il Centro-Nord o all’estero. Si tratta, molto spesso, di giovani laureati che contribuiscono, loro malgrado, alla “fuga dei cervelli” dal nostro Paese.

CON LA CRISI, IL SUD HA BRUCIATO 10 ANNI – Con l’avvento della grande crisi mondiale il Sud è arretrato ai livelli di 10 anni fa. Un infelice trend – che per la verità, vale per tutto il nostro Paese – confermato dall’Ocse, che in un suo recente outlook ha attestato come il Pil pro capite italiano ha fatto un balzo all’indietro ai livelli raggiunti nel lontano anno 1999. Ormai la storica emergenza meridionale si è cronicizzata. Tutti gli indicatori macroeconomici segnano un vistoso ed allarmante arretramento. Il Prodotto interno lordo è crollato, l’occupazione è in forte calo, produttività in caduta libera ed esportazioni ai minimi termini. Gli industriali e l’Ipi, l’Istituto per la promozione industriale, hanno stilato un report sullo stato del nostro Mezzogiorno. Nel documento si legge: “E’ come se dieci anni di lenti e faticosi tentativi di recuperare la distanza dal resto del Paese fossero stati rapidamente cancellati“. E non solo. “Si moltiplicano nelle regioni meridionali segnali di difficoltà decisamente più marcati rispetto a quelli riscontrabili nel resto del paese: da una riduzione del Pil più elevata rispetto alla media nazionale, quasi mezzo punto nel biennio 2008-2009, a una più ampia caduta dell’occupazione, 194mila occupati in meno al Sud nel 2009; da un divario di produttività pari al 16% rispetto al Centro Nord, al forte calo delle esportazioni tornate al livello del 2001“. Le prospettive per questo anno non sono buone, nonostante un quadro internazionale annunciato in netto miglioramento. Per l’Fmi (il Fondo monetario internazionale) a livello internazionale la ripresa economica mondiale procederà “meglio delle attese”, ma per l’Italia, ancora una volta, ci saranno solo le briciole. Crescita inchiodata allo 0,8%, disoccupazione in aumento, così come il debito pubblico, il disavanzo, la disoccupazione e il costo della vita (l’inflazione). In questo quadro deprimente, sarà proprio il Mezzogiorno a pagare il conto più salato.

UN QUADRO DEPRIMENTE – Secondo Nino Novacco, presidente dello Svimez (l’istituto per lo sviluppo del Mezzogiorno), nell’audizione sulla cosiddetta proposta di legge sul “Rientro dei cervelli dall’estero” svolta recentemente presso la Commissione Finanze della CameraOgni anno almeno dieci laureati risalgono la Penisola dalle regioni meridionali verso il Nord. Di questi, uno poi emigrerà all’estero mentre gli altri 9 si fermeranno nel Centro-Nord Italia“. E ancora: “La proposta di legge 2079, la cosiddetta legge sul “rientro dei cervelli in Italia” – sempre secondo il presidente dello Svimez – “Va nella giusta direzione ma rischia di interessare meno del 10% dei giovani meridionali. Servono interventi strutturali di modernizzazione dei territori per rendere l’area attraente non solo per i talenti italiani e stranieri, ma anche per investimenti e capitali“. Per gli analisti dello Svimez, in questi ultimi tempi, si assiste ad un vero e proprio paradosso: l’Italia da un lato fornisce forza lavoro qualificata ad altri Paesi, dall’altro, però, accoglie soprattutto lavoratori stranieri per lavori in cui è richiesto un basso livello di qualifica. In sostanza, il paese arretra in termini di “qualità” del lavoro. Un segno d’impoverimento culturale ed intellettuale che, ovviamente, ci fa soccombere nel confronto con i nostri principali competitori internazionali. In dieci anni, dal 1996 al 2006, quasi 470mila italiani sono andati all’estero, mentre i rientri sono stati 399mila, per un gap negativo di oltre 68mila unità. Il segno meno è dovuto soprattutto al Meridione: 245mila usciti a fronte di 170mila rientri, con una differenza di circa 75mila unità.

Articolo_CM_Libona_PIL_Innovazione.jpgUNA LAUREA COME PASSAPORTO? – Su 43mila laureati espatriati all’estero in dieci anni (31mila del Centro-Nord e 12mila del Sud) ne sono rientrati 38mila (31mila nel Centro-Nord e 7mila al Sud), con un saldo negativo di oltre 4.500 unità, quasi totalmente meridionali. A questi si aggiungono tantissimi laureati del Sud in fuga verso le regioni del Centro-Nord Italia. “Dal confronto dei dati relativi alle migrazioni interne con quelli verso l’estero – ha spiegato Novacco ai parlamentari della Commissione Finanze della Cameraappare chiaro che la grandissima parte dei meridionali che lasciano il Sud si trasferisce nel Centro-Nord: ciò riguarda l’intera popolazione, ma soprattutto i laureati. La quota dei flussi verso l’estero sul totale degli spostamenti è infatti pari ad appena il 15% per la popolazione complessiva e appena il 9% per i laureati. Ciò vuol dire, in termini assoluti, che ai 2.000 laureati del Sud che si dirigono verso l’estero, si aggiungono altri 20 mila che ogni anno si trasferiscono al Centro-Nord“.

E ALLORA CHE FARE? – Servono interventi strutturali che favoriscano il rientro dei cervelli anche per i tanti laureati del Sud, dove pure oltre il 40% si è laureato con il massimo dei voti, che si sono trasferiti nelle regioni del Centro Nord. Ma, precisa Novacco,una credibile politica volta a favorire un incremento della capacità di impiego di lavoro produttivo nel Mezzogiorno non può certamente essere affidata in via principale a strumenti di incentivazione fiscale rivolti a singoli individui. Permane forte l’esigenza di collocare anche i singoli interventi, quale quello proposto dalla legge in discussione, all’interno di una strategia di intervento per l’adeguamento strutturale e per la modernizzazione dei territori meridionali, al fine di rendere attraente il territorio non solo per i talenti italiani e stranieri, ma anche per investimenti e capitali esterni“.

Da: http://www.giornalettismo.com/archives/60231/%EF%BB%BFsvimez-sud-abbandonato-nella/

Svimez, il Sud abbandonato nella crisiultima modifica: 2010-05-03T23:29:19+02:00da tonyan1
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