Una napolitania per l’europa

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Una napolitania per l’europa

 

 Si fa sempre più fitta la folla di persone interessate o per lo meno curiose nei riguardi del SUD Italia, con i suoi problemi, i suoi difetti, ma anche la potenzialità umana e di idee che insieme alla crescita di coscienza può far cambiare volto a questa terra bistrattata, abbandonata, usata, sfruttata da chi non è napolitano, ma anche da conterranei senza scrupoli reclutati da organizzazioni malavitose e da compagini politiche. Molti studiosi non solo italiani cercano un segno per una svolta culturale, sociale e politica delle Province Napolitane.

 

Lo_Stemma_di_Ferdinando_IV.jpgNon bisogna temere di essere dissacratori della storia patria o revisionisti fino all’ossesso, ma è giunto il tempo di porsi delle domande su come è stata fatta l’Italia e cosa è diventata, e perché nelle Province Napolitane del Regno delle Due Sicilie si scatenò una guerra civile contro i piemontesi chiamandoli invasori, al contrario di ciò che viene ancora insegnato nelle scuole definendo Garibaldi e company dei liberatori.

 

Se avevamo dei sovrani che parlavano napoletano ed erano napoletani già da varie generazioni, e c’era un progredito sviluppo industriale e commerciale, e non si conosceva l’emigrazione, e la popolazione aumentava vertiginosamente segno di adeguato benessere, da cosa avevamo bisogno di essere liberati? Perché si è dovuto a forza rigettare il sistema di vita napolitano in cambio di una falsa libertà e di una vera schiavitù coloniale al servizio dei politicanti e industrialotti del nord? Perché si è dovuto abiurare la fedeltà alla monarchia Borbone e sostituire un re Napolitano che parlava napoletano con uno straniero che parlava francese?

 

Con la fine della lotta legittimista che la storiografia cavurriana ha designato come brigantaggio, ebbe termine la nazione Napolitana, il popolo Napolitano era compatto su quel territorio che l’ha visto per otto secoli ora come stato dominato e ora come indipendente, ma le conseguenze di quella sconfitta subita nella guerra del 1860-1870 sono visibili nell’odierno SUD, l’odierna Napolitania, basti notare quelle fabbriche fantasma fatte costruire della vecchia Cassa per il Mezzogiorno, o fabbriche chiuse di un passato florido e speranzoso, o quei litoranei abbandonati che una volta ospitavano popolose stazioni balneari, o si possono notare interi paesi in decrescita o addirittura svuotati; ma gli effetti si possono notare specialmente sul volto delle persone, carpendo l’amarezza di chi è costretto ad  emigrare, la tristezza di chi rimane ma non ce la fa, la rassegnazione di chi sente il bisogno di un lavoro giusto e la rabbia e l’impotenza di chi comprende il malaffare delle cattive amministrazioni. Si è offuscata, insomma, quell’identità nazionale che riguardava gli italiani del SUD, quell’identificarsi napolitani e non meridionali, un’identificazione che è rimasta solo nella lingua e nel comportamento sociale di tutti i giorni e che tanto ci differenzia dagli italiani del nord.

 

napoli-carlo-di-borbone-canova-1_thumbnail.jpgNon che il Regno Borbonico era il paradiso sulla terra, ma era uno stato nazionale al passo coi tempi con due realtà nazionali: quella Napolitana e quella Siciliana. Anche se aveva i suoi problemi, come del resto tutti gli stati del mondo, aveva però una propria identità che il popolo si è visto strappare con forza, venendo marchiato con la nuova identità italico-savoiarda non solo nella mente, con le continue invenzioni massoniche risorgimentali riportate sui falsi testi scolastici, ma è stato bollato anche nel cuore con storie che hanno una parvenza di nazionalismo unitario che coinvolgono i sensi e i sentimenti in una comunanza nazionalpopolare.

 

sanniti5.jpgInvece, noi napolitani abbiamo radici storiche che ci legano agli antichi popoli italici nostri progenitori, come i Sanniti, gli Osci, i Bruzii, i Iapigi, Lucani. Abbiamo una nostra storia civile e sociale con un valido contributo dato all’umanità in svariati campi e con uomini e mezzi; non è da meno l’arte militare fino ai Borbone. E’ inimmaginabile, quindi, mettere da parte e oscurare una nazione con un tale notevole tesoro storico che tanto ha dato e molto può ancora dare all’Italia e all’Europa.

 

Al giorno d’oggi, un’Europa moderna e futurista che si attiene molto ad una disciplina economica per una crescita parallela di ogni suo territorio, non può non rivalutare le identità storiche e venir meno ad un riconoscimento di nazioni come quella Napolitana e Siciliana con proprie amministrazioni statali, conseguendone un adeguato controllo sociale e culturale, e sincero sostegno dell’economia locale. Se ciò non avviene, allora l’Europa è solo una Italia più grande, vale a dire uno stato gigante schiaccia nazioni dove la burocrazia centralista è al totale servizio delle società bancarie, in pratica si può avere in Europa un ritorno di eventi simili a quelli che portarono all’unificazione d’Italia, tutto a discapito di quelle nazioni storiche che con la propria identità hanno portato nell’arco degli anni alla formazione di quella che ora può essere definita Europa, la quale oggi è anche e soprattutto espressione di quelle culture locali che sono spirito vivificante di popoli e nazioni che contribuendo alla sopravvivenza della propria identità, la storia stessa le ha rilegate ad essere parte integrante e sostegno della odierna Europa.   

 

regno di Napoli.PNGnapolitricolore.PNGContinuare a manomettere la storia di nazioni che attualmente esistono e che sistematicamente vengono represse e rilegate nel dimenticatoio, vuol dire manomettere la storia stessa dell’uomo e dell’Europa, la quale potrebbe trovarsi un domani in una spirale di crisi d’identità dannosa, anziché costruttiva, per i popoli che la compongono.

 

Il fatto che si è decisi a parlare di un ritorno identitario napolitano o di un’altra nazione appartenente politicamente all’Italia, non vuol dire revisionare la storia della Repubblica Italiana, in quanto molti mettono in discussione anche il referendum in cui si scelse la repubblica, ma bisogna essere trasparenti sull’attuale stato economico e sociale del SUD che ha radici ben oltre il 1948 arrivando fino ai plebisciti del 1860, organizzati volutamente in malo modo e in fretta e furia, in un caos inimmaginabile e mentre si combatteva ancora a Gaeta, Civitella del Tronto e a Messina sotto i vessilli napolitani. E’ immediatamente dopo questi fatti che nasce la questione meridionale, che non è altro che l’aggravamento di piccoli problemi di gestione a cui i Sovrani borbonici seppero tener testa, ma non a debellarli del tutto, come il potere che i baroni avevano in tutto il regno, potere che oggi si è trasferito nelle mani dei boss della malavita organizzata; sì, sono loro i nuovi baroni che ancora stanno a ringraziare Garibaldi e company per averli innalzati a tale titolo, solo che i governanti di oggi non sono i sovrani borbonici che tengono al proprio paese e al proprio popolo, bensì dei semplici politicanti incapaci o corrotti che si sottomettono alle leggi dei nuovi baroni anche se il più delle volte sono ‘stranieri’.  guardia3.PNGcpt dei granatieri.PNGE sì, sia per comandare che per obbedire bisogna essere dei gran ruffiani.

 

E’ già da più di un decennio che si cerca di far conoscere la vera storia del SUD, di poter parlare di orgoglio napolitano e d’identità nazionale, ma ora che sappiamo chi siamo bisogna guardare avanti. La storia non è storia se non serve a capire il presente e a tracciare una rotta verso il futuro. Il nostro futuro è l’Europa e il Sud, la Napolitania, la Sicilia devono essere in grado di poter dare, oltre che ricevere e in primo luogo devono avere delle proposte politiche valide da contrapporre al nordismo odierno che guida il paese.

 

Dico questo perché al nord esiste già una realtà politica territoriale che sorpassa le vecchie ideologie storiche che hanno caratterizzato i partiti politici così come noi li conosciamo, è quindi venuto il momento di generare anche al Sud un partito territoriale che veda oltre ciò che è di centrodestra o centrosinistra e si accorga, finalmente, dei problemi reali che attanagliano la nostra terra. In Sicilia esiste già da tempo, direi da sempre, una coscienza e una identità isolana che però non è riuscita a sfociare bene in un organismo politico. Noi napolitani, invece, siamo ancora agli albori di una nostra ritrovata identità, ma ormai in molti abbiamo senz’altro superato il tempo dei perché la nostra terra è Sud, ed è venuto il momento di raccoglierci in una sola voce e in una sola forza, bisogna quindi partorire idee nuove e moderne e portarle avanti con coraggio e umiltà, spirito di cooperazione tra ciò che è culturale, ciò che è politico e ciò che è sociale.

 

La costituenda Europa dei popoli, sempre più nuova e moderna, nel ricoprire tale ruolo, non può fare a meno della nostra bella e antica Nazione Napolitana.     

 

 

Antonio Iannaccone

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Una napolitania per l’europaultima modifica: 2009-01-11T10:06:05+01:00da tonyan1
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