IL RISORGIMENTO: TRAGEDIA PER IL SUD STRAZIATO DAL 1860 DAI TOSCOPADANI

dalla rivista “Due Sicilie” n. 6 anno 2009

Nel 2011 si “festeggerà” il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, si festeggeranno cioè i massacri, le stragi, le rapine e le devastazioni compiute a danno del Sud. Se si volesse “festeggiare” davvero l’unità d’Italia, se fossimo davvero tutti “italiani”, allora si dovrebbe innanzitutto dire la verità su come si è pervenuti a questa unità. Invece, già si prevede, sarà solo la “festa” degli infami, dei complici di tutti gli orrendi delitti che si compirono ad opera del canagliume e della truppaglia piemontese-savoiardi. E così “festeggiando”, si dimostrerà di considerare il Sud sempre una colonia tosco-padana. Come si sa dai documenti dell’epoca, prima dell’invasione dei padani, gli italiani erano molto più uniti: sarebbe bastata una federazione di Stati alla tedesca. Lo stato fallimentare della finanza piemontese, tuttavia, invogliò Vittorio Emanuele II e il Cavour a rapinare le ricchezze degli altri Stati preunitari, violando le più elementari norme di diritto internazionale. Per ingannare i vinti, il piccolo Piemonte ebbe bisogno di apparire come il “liberatore” dei popoli italiani, di qui la sfrenata propaganda risorgimentale padana che siamo costretti a subire da 150 anni. Propaganda che oggi i padani ipocritamente fingono di rimangiarsi sputando nel piatto dove stanno gozzovigliando ininterrottamente dal 1860.

Il ruolo del mercenario Garibaldi fu allora gonfiato ad arte; infatti i famigerati “mille” conquistarono il Sud senza combattere, come fece chiaramente intendere Massimo D’Azeglio: “Quando si vede un regno di sei milioni ed un’armata di 100 mila uomini, vinti colla perdita di 8 morti e 18 storpiati, chi vuol capire, capisca”. In pratica, il giovane Re delle Due Sicilie, Francesco II, animato di tenerissimi sentimenti, fu facile preda della congiura massonico-padana. Il Sud fu aggredito selvaggiamente, ridotto a colonia e, da 150 anni, è continuamente sfruttato dalle cosche finanziarie tosco-padane.

Stante così la situazione, la cosiddetta “questione meridionale” non sarà mai risolta, perché utilissima alle mafie finanziarie del Nord. Da attente analisi emerge, senza ombra di dubbio, che il Sud potrà risollevarsi solamente se ritornerà a scrollarsi di dosso i parassiti padani. Lo Stato italiano, infatti, per far sì che il Sud potesse almeno arrivare all’attuale livello del Nord, per anni dovrebbe adoperare tutte le sue risorse, con l’intesa che il Nord dovrebbe restar fermo senza alcun aiuto statale: questo non sarà mai possibile.

Numerosi sono coloro che pensano che un Sud indipendente non potrebbe mai farcela. l’idea di un Sud come Stato indipendente all’interno dell’Europa è invece da prendere assolutamente in considerazione: Malta insegna. Un Sud indipendente riguadagnerebbe rapidamente i primi posti in Europa, come prima dell’invasione da parte dei padani.

Per capire tutto ciò è necessario fare una breve riflessione sulla natura dello Stato. Al di là delle scolastiche definizioni, lo Stato altro non è che uno strumento per organizzare il Popolo e il Territorio su cui il popolo è stanziato. Lo Stato, inoltre, per poter funzionare, deve essere sovrano, non deve cioè, nelle sue scelte politiche e amministrative, dipendere né esser condizionato da chicchessia.

Le persone che democraticamente son preposte a dirigere l’organizzazione dello Stato sono i politici. Costoro generalmente si qualificano di “destra”, di “centro” o di “sinistra”, termini che nei tempi attuali, però, non significano niente. I politicanti fanno basare i movimenti politici su ideali suggestivi, escogitati per catturare i consensi delle masse popolari, facendo prospettare miti simbolici ben collaudati da secoli: patriottismo, nazionalismo, socialismo, lotta al terrorismo ecc., oppure, con l’inganno, promettendo vantaggi futuri (posti di lavoro, aumento del reddito, previdenza, ecc.), o, infine, instaurando un fiscalismo opprimente con la promessa di abbassarne i prelievi, spesso con la complicità di gruppi organizzati di elettori (lobby) che, in cambio del voto, ricavano vantaggi illeciti.

Lo strumento essenziale per lo sviluppo di ogni popolo, e per far funzionare l’apparato statale, è il denaro.

Il denaro, come si sa, è fatto con carta stampata e metallo coniato. Esso ha la funzione di permettere gli scambi commerciali e di retribuire il lavoro prestato. Attualmente è usato l’Euro, che non ha alcun valore intrinseco. Il suo valore, infatti, non è basato su corrispondenti riserve di metallo pregiato o altro tipo di beni, ma semplicemente sul fatto che viene accettato e scambiato di comune accordo da tutti.

La quantità di Euro in circolazione, per avere credibilità ed efficacia, deve essere in armonia con la situazione dell’economia e della produzione (PIL, cioè il Prodotto Interno Lordo), altrimenti si avrebbe “inflazione” (l’eccessivo denaro in circolazione verrebbe svalutato e servirebbe più denaro per acquistare lo stesso prodotto) oppure “deflazione” (poco denaro in circolazione e relativa diminuzione dei prezzi, situazione che comporterebbe contrazione dell’economia e della produzione con conseguente disoccupazione).

Chi allora deve avere il compito di stampare e coniare denaro? Con tutta evidenza non può essere che lo Stato: esso, come abbiamo visto, è lo strumento sovrano di cui il popolo dispone per organizzare la propria vita. Ovvio quindi che esso non possa essere prodotto direttamente da privati cittadini: il denaro non avrebbe alcun valore, perché la quantità immessa nel mercato sarebbe fuori controllo.

Il denaro è, dunque, il pilastro fondamentale per la vita di un popolo e del suo Stato. Lo Stato tra i suoi compiti deve anche provvedere a sorvegliare le banche e a fissare periodicamente il tasso ufficiale di sconto (cioè il costo del denaro dato in prestito alle banche commerciali). Insomma, tutto e tutti dipendono dal denaro. Eppure in Italia, dall’unità fatta nel 1861, ad opera del “padre della patria” Cavour, lo Stato fu esautorato della sovranità di emettere denaro, con l’affido a un ente privato la Banca Nazionale piemontese (in cui il Cavour aveva suoi interessi), cioè a quella che – attraverso vicende quasi sempre molto sporche (es. furto delle riserve in oro, di dollari e sterline dei Banchi di Napoli e di Sicilia in epoca fascista) – attualmente è la Banca d’Italia. I proprietari della Banca d’Italia sono banche private (85%), assicurazioni (10%) e altri proprietari minori. Si ribadisce: la Banca d’Italia non è dello Stato, ma privata. Così da allora accade che la Banca d’Italia, creando dal nulla il denaro con la sola stampa e conio, lo “presta” poi allo Stato che, per svolgere le sue funzioni, resta assurdamente indebitato (“debito pubblico”) con un privato. Cosa che non avverrebbe se lo Stato, per suo sovrano diritto-dovere, stampasse esso stesso il denaro e lo distribuisse ai cittadini, che ne sono di diritto i proprietari. Un assurdo così enorme, così infinito, che nessuno riesce a vederlo. Una truffa gigantesca ben congegnata: essa consente agli azionisti della Banca d’Italia non solo di arricchirsi con la “restituzione” del debito da parte dello Stato, ma anche di farsi pagare gli interessi (tasso di sconto) su denaro non loro. Solo che il denaro che torna indietro alla Banca è denaro vero, perché è frutto del lavoro e dei sacrifici dei cittadini.

Ma ci sono anche altri che ci guadagnano da questa assurda situazione: quelli che amministrano lo Stato, cioè i politici, che, approfittando delle loro posizioni di potere, maneggiando l’enorme flusso di denaro che lo Stato preleva dai cittadini con imposte e tasse, si arricchiscono concedendosi stipendi favolosi e agevolazioni di ogni genere. Per di più, costoro, controllando questa truffa di Stato, compiono anche numerosi abusi, nel fare concessioni truffaldine ai loro compari, per comprare voti ecc., anche a scapito dell’efficienza economica e amministrativa dello Stato. In proposito si può ricordare il governo di Aldo Moro che, per istituire l’ENEL col pretesto di “dare la luce a tutti”, comperò le azioni della S.I.P. (Società Idroelettrica Piemontese) per una somma pari a 100.000 miliardi di lire: un inutile enorme esborso, a danno di tutti, perché le concessioni demaniali degli impianti idroelettrici stavano per scadere e, quindi, le azioni avrebbero a breve perso valore. Quell’enorme cifra fu praticamente sottratta per decenni allo sviluppo e alla costruzione di infrastrutture al Sud e servì a finanziare lo sviluppo tecnologico della S.I.P., che passò alla telefonia. Risultato di tale operazione: l’energia elettrica in Italia costa più che in tutti gli altri Stati europei. L’operazione fu una delle tipiche truffe padane, ma nessuna formazione politica è mai andata al fondo della faccenda: nessuno aveva interesse a sputare nel truogolo dove si gozzovigliava. Il silenzio dei politici meridionali, in proposito, è stato tombale, come sempre. Addirittura sono contrari ad un Sud indipendente e si affannano a difendere l’unità, il risorgimento e osannano il criminale Garibaldi e l’ancor più criminale Cavour.

Con questo sistema, essendo lo Stato privo di sovranità e usato come strumento truffaldino, non si può dire, dunque, che in Italia esista uno Stato vero, ma solo il suo simulacro. Da questa colossale truffa a danno del popolo, iniziata con i Savoja per “fare l’Italia unita” e continuata con la complicità di tutti i governi fino ad oggi, si può scientificamente affermare che la Banca d’Italia (oggi dipendente e socia della Banca Centrale Europea) è la vera detentrice del potere, perché essa, appropriatasi della facoltà di stampare denaro, tiene sottomesso il potere politico che “non vede e non sente” pur di stare ben avvinto alla sua greppia. Basti, in proposito, ricordare il fatto che nessun politico osò, nel 1992, “chiedere la testa” del Governatore della Banca d’Italia, per aver costui fatto perdere allo Stato, cioè a tutti gli italiani, oltre settantamila miliardi, perdita dovuta al ritardo di due settimane nella svalutazione della lira – svalutazione ormai certa per circa il 30% – a vantaggio di speculatori internazionali. Eppure questo genio della finanza fu fatto Ministro dell’Economia (ma si era laureato in Lettere alla Scuola Normale di Pisa), Primo Ministro e Presidente della Repubblica. Naturalmente il tutto sempre ammantato del “glorioso risorgimento”, dell’unità della patria, dell’inno nazionale e dello sventolio di bandiere tricolori e giacobine.

Con l’istituzione dell’Euro, la Banca d’Italia stampa ancora carta moneta, ma su concessione della Banca Centrale Europea con sede a Francoforte, anch’essa privata (azionisti sono i soci privati delle varie banche nazionali, compresa quella dell’Inghilterra che, pur non essendo entrata nel sistema Euro, detiene tuttavia il 14% delle azioni, e, quindi, degli utili). La concessione comporta ovviamente un elevato addebito non motivato. Contro il costo di stampa di 0,03 centesimi, la BCE pretende 2,50 euro ogni cento, ovviamente scaricati sullo Stato italiano, pagatore finale, cioè su tutti noi. L’Unione Europea, è, in sostanza, una unione di banche senza un Governo supervisore. Uno Stato europeo, infatti, politicamente non esiste. Cosicché i governanti dei vari Paesi europei usano ora il loro Stato nazionale come esattore della Banca Centrale, la cui greppia è ben più abbondante di quella nazionale e per giunta meno vincolata, per l’assenza di un Governo centrale di tutela. Tra l’altro la BCE consente continuamente di emettere più denaro del necessario (circa il 5% all’anno), cosicché questo surplus, innescando un processo inflattivo, fa diminuire il valore della moneta. Tale processo ha l’effetto di una tassa indiretta per i popoli e arricchisce silenziosamente i soci della BCE, perché i cittadini e le imprese – a causa della forzata svalutazione strisciante – sono spinti a chiedere più denaro alle banche, in un’infernale spirale senza fine.

Se la BCE non stampasse una quantità eccessiva di Euro, non esisterebbe inflazione. L’inflazione è causata di proposito. È una truffa talmente enorme che si fa fatica a vederne i contorni. Il popolo infatti non se ne accorge, anche perché nessuno dei politici ne parla. Se ne guardano bene. Costoro, interessati a mantenere questo sistema truffaldino, mentono spudoratamente nei pubblici dibattiti: così la gente si adatta alla situazione, credendola reale e legittima. Tutti ritengono giusto pagare il “debito pubblico”, e che partecipare alle elezioni sia doveroso per scegliere al meglio i politici e i partiti, onde “essere meglio amministrati per lo sviluppo della vita nazionale”.

Nessun programma televisivo è più seguito di quelli in cui c’è un dibattito politico: ma gli spettatori non si rendono conto che è solo una messinscena (magari anche “combinata” tra gli opposti schieramenti), un ben collaudato meccanismo psicologico, il cosiddetto “teatrino della politica” che cattura le passioni e il consenso popolare, col risultato di nascondere l’enorme truffa dietro celata. I popoli europei sono ormai ridotti a semplice gregge, più di tutti quelli del Sud-Italia, da tosare il più possibile per far arricchire i gruppi finanziari che dominano i governi. Questi ultimi, servi delle banche, aumentano tasse e tributi con l’ingannevole pretesto dell’inflazione. Invece è vero esattamente il contrario: l’aumento dei balzelli serve solo a produrre deflazione (cioè a far diminuire la quantità di denaro circolante che causa l’aumento dei costi). Così gli imprenditori sono costretti a chiedere denaro in prestito alle banche, che si arricchiscono ancora di più, mentre aumenta la povertà. Per questo, il cosiddetto “debito pubblico” non verrà mai cancellato. È un collaudato meccanismo che fa guadagnare alla BCE e ai politici (Destra, Sinistra o Centro, non fa alcuna differenza: tutti d’accordo).

Prima che arrivassero i “liberatori” tosco-padani savojardi, il Regno delle Due Sicilie aveva una economia del tutto diversa. Il denaro veniva stampato (fedi di credito) e coniato direttamente dallo Stato. Non esisteva un “debito pubblico” inquinato dal pagamento di tasse a favore di una Banca privata. Il Banco delle Due Sicilie era una banca di Stato e il suo “debito pubblico” era fisiologico, dovuto in genere alle pochissime tasse che servivano solo a pagare i servizi che lo Stato effettivamente forniva al popolo. Il Regno delle Due Sicilie era la terza potenza economica in Europa, situazione resa visibile dall’elevata rendita sulla piazza di Parigi.

Il sistema attuale è, invece, così organizzato:

a) lo Stato italiano, privo di sovranità, è usato per soddisfare gli interessi dei gruppi finanziari tosco-padani e stranieri;

b) le lobby tosco-padane, sfruttano il Sud come una colonia interna in cui vendere i loro prodotti e servizi. Al Sud, inoltre, esse impediscono qualsiasi sviluppo che potrebbe rivelarsi pericoloso concorrente del Nord. Da ricordare la compagnia di San Paolo che, sfruttando il nome del Banco di Napoli, succhia i risparmi del Sud per versarli a Torino, con la vergognosa complicità della classe politica meridionale. Altra truffa sarà la istituenda «Banca del Mezzogiorno».

È intuitivo comprendere, dunque, che, se il Sud tornasse indipendente, basterebbe il solo fatto di liberarsi degli ipocriti parassiti tosco-padani e stampare in proprio armoniosamente il denaro nella corretta quantità per avere un immediato sviluppo sociale ed economico, come avveniva prima di questa “unità d’Italia”.

Un esempio classico in proposito è rappresentato dalle colonie della Nuova Inghilterra in Nord America: i coloni nel XVII secolo emisero direttamente una propria moneta, chiudendo con la Banca d’Inghilterra. Si ebbe immediatamente uno sviluppo prodigioso; ma quando il preoccupato Parlamento inglese impose nel 1763 l’obbligo di usare per le transazioni commerciali solo la moneta inglese stampata dalla privata Bank of England, gravata da interessi, vi furono subito recessione e disoccupazione di massa. Fu per tal motivo che scoppiò la Guerra d’indipendenza americana e nacquero gli Stati Uniti. In seguito, però, anche nel nuovo Stato le banche, con subdole manovre, ripresero il loro predominio “prestando” denaro allo Stato e dando origine al debito pubblico americano.

Se, dunque, riuscissimo a liberarci dal parassitismo padano e dai politici pseudo meridionali (dei vecchi e nuovi partiti, cioè di quelli che vogliono sempre l’Italia unita) ed avere così un nostro Stato, noi conseguiremmo sostanziali benefici in ogni campo. Potremmo costruire le infrastrutture che ci hanno sempre negato col pretesto assurdo che mancano i capitali (è come dire che non si possono fare strade perché mancano i chilometri). Potremmo produrre a basso costo in competizione con tutto il mondo. Potremmo avere un sistema sanitario tra i più avanzati. Potremmo avere la piena occupazione senza dover più emigrare. Infatti, il denaro emesso direttamente dal nostro Stato, cioè dal popolo, non gravato da interessi passivi, potrebbe essere utilizzato senza ostacoli e stimolerebbe la produzione e conseguentemente l’occupazione. Inoltre, cosa importantissima, non si avrebbe né inflazione né deflazione. Lo dimostra il ducato duosiciliano, che mantenne sempre costante il suo valore nei 126 anni di Regno borbonico.

Antonio Pagano

IL RISORGIMENTO: TRAGEDIA PER IL SUD STRAZIATO DAL 1860 DAI TOSCOPADANIultima modifica: 2009-10-31T11:10:00+01:00da tonyan1
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