L’Unità d’Italia e l’invasione del Regno delle Due Sicilie

due%20sicilie%201860%20l%5C%27invasione_.jpgAutore:Domenico Bonvegna

Non si può festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia senza riconoscere l’altra Storia del Risorgimento come l’invasione e la conquista del Regno delle Due Sicilie nel 1860, prima dalla farsa epopea dei mille di Garibaldi e poi dall’esercito piemontese, con 120 mila uomini al comando del generale Cialdini.
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi andando alla festa dei giovani del PdL li ha caldamente esortati a leggere due libri, Risorgimento da riscrivere di Angela Pellicciari e Le grandi menzogne della storia contemporanea di Sandro Fontana, il premier ha detto che occorre correggere ciò che è stato scritto erroneamente sulla nostra storia. E se il libro della Pellicciari è stato provocatoriamente definito, da Chiarini su Il Riformista il manifesto dell’anti-Risorgimento, senza troppo enfatizzare, significa che finalmente anche un capo di governo italiano prende atto che bisogna raccontare la vera Storia del Risorgimento, che non è quella mitologica raccontata nelle nostre scuole.
Certo non esiste solo il pur brillante libro della Pellicciari, ce ne sono altri, in questi giorni ho letto per recensirlo, Due Sicilie 1860 l’invasione di don Bruno Lima, edito da Fede & Cultura di Verona (
www.fedecultura.com). Il libro è ben documentato con una fitta rete di note e citazioni a piè di pagina e con una completa appendice documentale. Il libro – scrive Carlo Alberto Agnoli nella prefazione – si colloca in quel filone di opere che i custodi della versione ufficiale della storia, e con essa dei programmi scolastici su cui vengono formate le nuove generazioni si sono sforzati di screditare ricorrendo alla espressione ad effetto ‘revisionismo storico’ e alle parole esorcizzatrici ‘dietrologia’ e ‘complottismo’.
E nonostante i cani da guardia di quelli che definiscono la ‘storia patria’ vigilano pronti a stroncare ogni tentativo ‘revisionista’, il muro della leggenda risorgimentale comincia a presentare vistose crepe, anche se ancora permane purtroppo nei testi scolastici.
Il libro di don Lima si struttura in due parti, nella prima, il testo sostiene che l’invasione del Regno delle due Sicilie è stata una congiura internazionale accuratamente preparata e programmata in particolare dal governo inglese, da Palmerston e Gladstone. La Gran Bretagna vide nelle ambizioni del governo di Torino – utile idiota – lo strumento per attuare la sua politica di egemonia nel Mediterraneo (…)La realizzazione del piano destabilizzatore, dopo essere stata predefinita sulla carta, richiese in primo luogo la cospirazione intestina finalizzata alla corruzione delle classi dirigenti con promesse di bottino ai danni del popolo e della Chiesa.
Vittorio Emanuele II, definito re ‘galantuomo’ ha aggredito senza nessuna giustificazione uno Stato sovrano ed ha perseguitato la Chiesa con sadico cinismo, per giunta cercando di giustificarsi con la falsa teoria che i popoli meridionali hanno chiesto aiuto, il famigerato grido di dolore, tra l’altro mai levatosi. Gli inglesi approntarono una campagna diffamatoria, basata su calunnie diffuse in tutta Europa a danno dei Borboni e delle Due Sicilie, dipingendo gli uni come tiranni spietati e i loro sudditi come popoli semibarbari. Bisognava fare terra bruciata attorno al nemico. Più avanti lo stesso Gladstone confessò di essersi inventato tutto. Si doveva far passare il piano eversivo di pochi uomini senza scrupoli, prezzolati dallo straniero, quale spontanea rivolta popolare. Fecero passare per epiche battaglie delle pallide scaramucce che consentirono a una masnada male assortita di banditi, ladri ed ex galeotti, di impadronirsi di un magnifico regno quasi senza far uso delle armi se non nella fase finale della conquista. Scrive Lima, Tutto sarebbe stato vano se i fedelissimi soldati delle Due Sicilie avessero avuto la possibilità di battersi contro questa ciurmaglia di miserabili scalzacani. In pratica la fantasmagorica passeggiata da Marsala a Napoli non sarebbe mai avvenuta.
Nel 2° capitolo Bruno Lima smonta la retorica risorgimentale del mito dell’impresa dei mille, se non fosse per la orribile scia di sangue e di sciagure umane che hanno lasciato – ridurrebbe quelle parodie di gesta militari agli atti di una commedia. Dopo aver descritto la figura di Giuseppe Garibaldi, un avventuriero, nelle mani delle lobbies massoniche internazionali, molto lontano da quell’oleografia creata apposta per lui, viene descritta la cosiddetta campagna di pirateria di conquista del Regno borbonico, favorita essenzialmente dal tradimento degli alti ufficiali dello sprovveduto Francesco II, i vari Landi, Lanza, Clary, Brigante, tra l’altro rimasto ucciso dalle sue truppe perché riconosciuto traditore. E infine l’onnipotente ministro Liborio Romano, colluso con i piemontesi e con la criminalità locale, ansioso di consegnare Napoli al nemico.
Ma i fatti d’arme non cessarono con l’esilio di Francesco II, ospite di Pio IX a Roma. Il decennio 1860-1870, soprattutto nei primi anni, fu contrassegnato da una fiera resistenza armata che gli occupanti dileggiarono col nome di “brigantaggio” per nascondere agli occhi del mondo il loro sopruso e giustificare in tal modo gli innumerevoli crimini contro l’umanità di cui si macchiarono con raro cinismo.
La seconda parte del libro affronta l’invasione delle Due Sicilie dal punto di vista giuridico, sostenendo la totale illegittimità internazionale dell’occupazione piemontese.
In pratica i popoli delle Due Sicilie vennero privati della loro libertà e soggiogati da un esercito straniero, derubati dei loro beni privati e pubblici, imbavagliati con l’imposizione di un regime di terrore ufficialmente legittimato da plebisciti. – farsa. Per sottrarsi a un destino senza speranza milioni di meridionali non ebbero altra scelta che abbandonare per sempre il loro paese. Così l’immenso tesoro del Regno che ammontava a 443,2 milioni di lire del tempo fu sperperato per sanare il devastante debito pubblico piemontese. Una volta pagati i debiti dei guerrafondai piemontesi, traslocate al Nord le ricchezze meridionali(…)i governanti di Torino pianificarono scientificamente il perpetuo declassamento della società civile del Sud., L’accanimento nel saccheggio del Mezzogiorno – continua don Bruno – e lo sfruttamento incontrollato dei suoi abitanti produsse uno stato di miseria riconducibile storicamente solo alle depredazioni barbariche e a quelle dei pirati berberi.
Il Sud messo in ginocchio da questo momento non si risolleverà mai più, oltre al danno si ebbe la beffa, i popoli meridionali furono anche colpiti da un ignobile terrorismo psicologico, quello di essere grati ai loro persecutori, che a sua volta avevano imposto una aberrante esaltazione del mito risorgimentale attraverso la sistematica falsificazione della verità storica.
L’autore del libro è consapevole che le sue tesi potrebbero apparire esagerate e scandalose visto che ormai da tanto tempo c’è l’abitudine di vedere il cosiddetto risorgimento italiano con gli occhi di una manualistica pesantemente condizionata dal falso mito di cui esso è stato circondato. Comunque sia stando agli avvenimenti, avulse da ogni spirito di parte, si constata inevitabilmente la effettiva sussistenza di categorie giuridiche che oggi si è soliti collegare a tragedie umane più note e recenti quali lo sterminio degli armeni, l’olocausto ebraico, il dramma italiano delle foibe, gli eccidi compiuti dai diversi regimi comunisti sparsi nel mondo, fino ad arrivare alla guerra nella ex Jugoslavia e nel Ruanda, non tralasciando il Sudan con i suoi milioni di morti cristiani.

Da: http//www.corrieredelsud.it/

L’Unità d’Italia e l’invasione del Regno delle Due Sicilieultima modifica: 2010-04-10T13:20:07+02:00da tonyan1
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